Content creator: la “nuova classe media” del mondo influencer
02-08-2023
Ancora oggi, dietro al termine “content creator” si cela una certa confusione, forse perché la percezione comune è ancora quella dell’influencer ricchissimo e famosissimo “pagato per postare foto e video” della propria vita. In realtà, essere content creator è un vero e proprio lavoro che richiede professionalità e costanza: la nuova classe media del mondo influencer.
Si stima che oggi i content creator al mondo siano circa 50 milioni, non parliamo quindi di un elite privilegiata, ma di persone comuni che riescono comunque a vivere del proprio lavoro.
3 modalità di guadagno di un content creator
Quali sono le forme di guadagno di un content creator?
- Coinvolgimento da parte delle aziende. I brand decidono di pagare un content creator per sviluppare contenuti sul web.
- Pagamento attraverso la community. Questa tipologia di guadagno varia in base ai propri contenuti e alla piattaforma che si sceglierà di usare. Un esempio sono le subscription (YouTube e Twitch) che è possibile proporre ad una parte di fan che desidera contenuti esclusivi ed è quindi disposta a pagarli. Altro modo sono le tips, le cosiddette “mancette” offerte sempre dai follower per specifiche attività.
- Passion Economy. La molla scatenante per i content creator non è meramente economica, anzi. Nella creazione di contenuti, è racchiusa tutta la passione di chi si esprime. Nelle varie forme di linguaggio i content creator raccontano il mondo che li circonda e spingono il proprio pubblico a disegnarlo insieme. La cosiddetta passion economy è la possibilità per chiunque possegga una passione precisa, di creare un reddito attraverso questa, grazie alla creazione di contenuti, sfruttando il digitale e le nuove tecnologie. Ed è proprio la passione a fare la differenza sul lungo termine.
Generazione Z e social media: qual è il loro rapporto?
Prima di tutto, per capire cosa vuole la Generazione Z è necessario comprendere come si comportano i suoi membri sui social network. Il rapporto con TikTok e Instagram per i nati tra il 1996 e il 2012 è più utilitaristico rispetto a quello dei Millennials. Rispetto a questi ultimi, la GenZ non vede nella condivisione a tutti i costi come un aspetto prioritario, anzi: vedono i social come una fonte di guadagno.
Sono cresciuti formando la propria identità in rete: la loro coscienza critica digitale è ben sviluppata e chiedersi se ciò di cui stanno fruendo sia verità o illusione è ormai qualcosa di automatico. Così come cercare la dimensione del conflitto tra ciò che un brand dichiara e ciò che fa realmente. Questo spiega perché i content creator sono da loro più apprezzati rispetto ai “testimonial”: figure al loro pari che, senza alcun privilegio, hanno sviluppato abilità e competenze e per questo meritevoli di fiducia.
Quindi, da una parte la Z Generation è fatta da utenti che hanno un approccio attivo con l’intento di diventare content creator, dall’altra chi non è interessato al guadagno si comporta da spettatore passivo con un atteggiamento di natura televisiva. Il video, infatti, rappresenta il prodotto culturale generazionale di cui bisogna tener conto se si vuole costruire una strategia di comunicazione in linea con questo target.
Ciò non significa però che la strategia debba concentrarsi su un unico canale. Per moltissimi teenager, la necessità di avere un contatto con i propri content creator preferiti non nasce e muore all’interno di un solo media, ma spesso si ripercuote anche nel mondo audio dei podcast.
Video su TikTok, reels su Instagram, shorts su YouTube, contenuti attrattivi, ma anche grezzi, non perfetti, prodotti divertenti, podcast interessanti che includano musica e trend più amati dai giovanissimi e, infine, approcci che non siano dichiaratamente promozionali, ma creino interattività e quindi engagement: questo è ciò che vogliono i membri della Generazione Z.
A cura di Orazio Spoto, Consulente di Marketing Digitale, docente e Advisor